I paesaggi della Laga si aprono sulle foreste degradanti di castagni, di faggi, di querce e di cornioli, da cui trae il fitonimo “Crognaleto” (i frutti del corniolo, che raccolti ed essiccati al forno venivano consumati d’inverno).; sui torrenti impetuosi che affluiscono al Tordino e al Vomano; sugli immensi pascoli, sugli insediamenti preromani – la Tibbla- e medievali che qui materializzano la presenza del sacro e del divino sin dalla preistoria.
Il paese, arrampicato su una ripida dorsale, ha la forma dell’aggregato urbano non incastellato, con piccoli nuclei di case di pietra arenaria, inframezzate da orti e spazi comuni. Di qui passava un sentiero medievale, il principale asse viario che da Amiternum (L’Aquila), attraverso il passo delle Capannelle discendeva la Valle del Vomano, attraversando l’attuale territorio di Montorio per poi giungere ad Interamnia ed incrociava anche il tratturo che da Campotosto e Crognaleto, passando per Montorio, Basciano ed Atri discendeva fino al mare. Era una via di transumanza e di commercio, un paesaggio sacro, presidiato, ieri come oggi, da una divinità.
…“uomini e greggi si muovono all’interno di un ideale grande cattedrale nella quale l’altare maggiore era definito dai santuari dagli eremi e dalle numerose chiese e cappelle che segnavano culti, preghiere, pellegrinaggi lungo quelle vie verdi che erano i tratturi.
Uomini e greggi si muovevano verticalmente lungo i percorsi regionali con precisa scansione annuale; i pozzi ed i riposi tratturali contrassegnavano i traguardi da raggiunger giornalmente. Si configura quindi l’intreccio dei vari tratti culturali del patrimonio pastorale; lavoro, preghiere, commercio. Ma l’aspetto della religiosità funge da spina dorsale: la dedica di quasi tutti i riposi alle Madonne, richiama mitiche presenze femminili nei culti della Dea madre” (Alessandra Gasparroni).
Tutti questi panorami hanno i segni della cultura pastorale: le pietre intagliate, le praterie battute, le cappelle e le chiese rupestri, l’ordine sociale..
Che strani tipi questi pastori! Le loro abitudini non sono quasi cambiate da più di mille anni. Ancora oggi il loro culto di Cristo non è altro che un culto pagano mascherato. Una bella razza, comunque forti e vigorosi, degni figli degli antichi Sanniti. La loro unica dimora, in estate è un tetto di canne; la sola compagnia, in ogni stagione, il grande cane-lupo degli Abruzzi, peloso e feroce; non hanno altra distrazione che il rustico zufolo tradizionale.” (Jules Gourdault)
Gli “spitilli” o spiedini
Sono pezzettini di carne con residui di grasso infilzati su steli di rosmarino o di ginepro, cotti su una brace disfatta. Sulle origini degli spiedini, Teramo e Pescara si contendono la primazia, tanto che è stato redatto un disciplinare regionale nel 2012 che definisce gli spiedini di carne ovina “arrosticini”, preparati direttamente dai pastori transumanti lungo il Tratturo Magno, o anche dai “briganti dei monti della Laga.
Ma abbiamo trovato nella mitologia pagana una origine magico-sacrale dei profani arrosticini. Dai rilievi archeologici nell’area di Cortino Crognaleto Pagliaroli, Colle del Vento è emersa una cinta di mura megalitiche di arenaria, che circoscriveva un antico tempio dei Liburni, con la funzione di Santuario di Frontiera, a presidio del fiume Vomano e del tratto della via Cecilia. Il santuario, dedicato ad Eracle, ha conservato tracce di sacrifici a lui dedicati: alla divinità, infatti, si offrivano le viscere degli animali, pecore o montoni, mentre il resto delle carni veniva sapientemente tagliato a pezzettini regolari infilzati poi in bastoncini aromatici di ginepro, cotti sul fuoco sacro dell’ara e consumati come cibo rituale dall’intera comunità.