Ciak Teramo

Canzano

Un cucuzzolo della provincia teramana, da sempre caratterizzato da un paesaggio agricolo, coltivato a vigneti ed uliveti e boschetti di gelso, il cui nettare nutre oggi una fiorente apicoltura; mentre nel XIX secolo alimentavano l’arte della bachicoltura. Canzano domina, s 450 metri sul livello del mare, le rigogliose vallate del Tordino e del Vomano e per questo, l’antico Campus Aattianus, il fondo rustico appartenente alla famiglia degli Atti, attestato dai ritrovamenti di una villa di epoca romana, subì l’incastellamento nell’anno Mille. Ma l’assetto e l’aspetto che caratterizza ancor oggi il borgo, è quello dato e dalla Signoria degli Acquaviva, Duchi d’Atri, che, nel 1472 lo resero un borgo fortificato, per la difesa dagli attacchi Saraceni, cingendolo di una poderosa cinta muraria, quattro torri e due porte: Porta Nuova e Porta Madonna, collegate dall’asse di Via Roma. Le testimonianze di tanta storia, del prestigio e della ricchezza rese a Canzano dagli Acquaviva, si vedono nei bei palazzotti in laterizio Sette-ottocenteschi che sorgono tra le vie ed i giardini pensili, come il palazzo Taraschi. Fuori dal borgo, edificata nel 1221 come Cappella del Cimitero, si trova la chiesa benedettina di San Salvatore, di fattura romanico-lombarda che conserva un interessante ciclo di affreschi del XV secolo, opera del Maestro di Offida. 

Ma… a Canzano c’è un preziosissimo patrimonio immateriale, che preserva antiche pratiche e conoscenze, declinate tutte al femminile: l’arte del ricamo. Il “punto Canzano” ha impegnato generazioni di donne ed ha dato vita ad una scuola. Nella civiltà rurale l’inverno era il tempo del riposo dei campi, ma non dei contadini; per le donne era il tempo della tessitura e del ricamo per rinnovare il corredo di casa. Il lavoro d‘ago era un momento di condivisione, di socialità, di pedagogia della tenacia, della pazienza, della misura: si scambiavano esperienze, trasmettendo alle ragazze le conoscenze e la manualità. Ricamare significava valorizzare le risorse del territorio, per cui il lino, la canapa e la seta raccolti nei campi erano trasformati e modellati in forme sempre nuove, in preziose trame e bellissime figure che raccontavano la vita di ciascuno. 

Nell’inventario del patrimonio immateriale della storia locale, un altro aspetto è la tradizione culinaria che vanta piatti di particolare pregio, in alcuni casi famosi in tutto il mondo: sua Eccellenza, Il tacchino alla canzanese.

Il tacchino alla canzanese è una pietanza di particolare squisitezza che ha reso nota Canzano nel mondo, e nell’universo; infatti, Armstrong e i compagni di avventura dell'Apollo 11 che raggiunse la luna, avevano tra le loro provviste anche il tacchino alla canzanese, scelto come cibo per gli astronauti per via della sua lunga conservabilità e per le alte proprietà nutritive.

 La ricetta nacque per caso a metà dell'800 quando, una mattina d’inverno, una massaia si accorse che il brodo di tacchino preparato la sera precedente e lasciato nella neviera (un vano sotterraneo delle abitazioni antiche), si era condensato, diventato gelatina e rendeva la carne ancor più saporita.  Gli autori della scoperta ne furono talmente sorpresi che decisero di servire la cena fredda, con le fette di tacchino tagliate sottili e cubetti di gelatina. Alcune particolarità del piatto sono da sottolineare: si utilizza solo la femmina del tacchino, che ha carni più tenere e saporite. È un piatto la cui preparazione richiede perizia, in ragione di alcuni passaggi delicati come l’accurata spiumatura, seguita dalla fiammeggiatura; l’eliminazione di collo, ali, zampe, una attenta frantumazione degli ossi, precisamente “una brutale battitura con un mattarello di legno, senza però che nessun osso resti avulso dalla sua sede” affinché dagli ossi stritolati esca fuori il midollo, che con l’acqua e la cottura sprigioni la sostanza gelatificante. Vi sono poi le fasi della speziatura, cioè l’aggiunta della giusta quantità di spezie e di aromi, che vanno scrupolosamente sistemati sotto la pelle; del riposo del tacchino dopo la cucitura per almeno 12 ore; infine, la cottura in acqua, e in forno a legna per 5\10 ore.


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